Lavoro e “sono lavorata” dall’argilla da venticinque anni.
Mettere le mani in pasta è il mio gioco da adulta, è la mia centratura, è un mezzo per liberare la fantasia, per caricarmi di energia, perché l’argilla è molto, molto generosa con chi la manipola.
E poi, negli attimi che precedono l’apertura del forno, dopo la cottura dei pezzi, mi sento come una bambina che non vede l’ora di scartare i regali di Natale, e c’è una sorta di sottile magia, in tutto questo.
Una decina di anni fa, durante un viaggio in Sicilia, sono stata stregata dalle teste di Caltagirone e, da quel giorno, non ho più smesso di modellarle.
Ammetto che gran parte del fascino che quelle teste esercitano su di me, è legato a una leggenda dell’XI secolo che le riguarda, e io non so resistere alle leggende:
“Si dice che, durante la dominazione dei Mori, vivesse a Palermo, nel quartiere arabo della Kalsa, una bella fanciulla siciliana che si dilettava nella coltivazione di piante e fiori di ogni specie. Un Moro che passava da quelle parti, nel vederla, si invaghì perdutamente di lei, e venne prontamente ricambiato. Fin qui tutto bene, era una bella storia d’amore, ma anche le belle storie hanno un rovescio della medaglia: il Moro, nel suo paese d’origine, aveva una moglie e due marmocchi che lo aspettavano, e stava per tornare da loro.
Quando la bella fanciulla lo scoprì, aspettò il calar delle tenebre e, mentre l’amato era accanto a lei nel letto, sprofondato in chissà quali sogni di gloria e di battaglie, gli tagliò la testa, la riempì di basilico e la mise sul davanzale della finestra. Le cronache assicurano che la pianta, innaffiata dalle copiose lacrime della fanciulla, crebbe rigogliosa, e che gli isolani, invidiosi di quel vaso dai poteri straordinari, iniziarono da quel dì a produrre teste di terracotta per far crescere il loro basilico.”
Le mie sognatrici non hanno la testa piena di terra e basilico, ma di fiducia e gratitudine: a volte chiudono gli occhi e, sorridendo, scivolano in mondi paralleli ma, almeno fino ad oggi, li hanno sempre riaperti per tornare alla realtà.
Annaroberta